“La palma da cocco è
un albero che
utilizziamo per tutto:
è eccezionale. Possiamo farci un bel cesto,
puoi berne il succo e poi
le foglie bruciano presto,
puoi cuocerci ciò che vuoi”
Così cantavano, a Vaiana, gli abitanti di Motunui nel cartone Disney e lo sanno bene le popolazioni dell’oceano pacifico quanto sia preziosa la palma da Cocco:
Nelle isole Fiji ne cresce a gran quantità e il popolo figiano utilizza ogni parte, senza sprecare niente.

Dal latte all’acqua di cocco, per rinfrescarsi contro la disidratazione provocata dalla calura tropicale; la polpa è un prodotto di bellezza per la pelle e i capelli stressati dal sole, il guscio della noce, una volta svuotato, viene tagliato in due parti e si trasforma in un ottimo contenitore, il legno del tronco è la principale risorsa per la costruzione dell’arredamento e delle abitazioni mentre le foglie della pianta sono usate da sempre per rivestire i tetti delle capanne, in quanto ottimo isolante e vengono inoltre sapientemente intrecciate per creare ceste, ombrelloni, stuoie e giocattoli per i bambini a forma di animali.

Per decorare se stessi e ciò che li circonda, i Polinesiani fanno un gran uso di piante e fiori in un rapporto equilibrato di rispetto e comprensione della natura da cui prendono lo stresso necessario senza mai deturparla!

I vestiti e i monili che riescono a realizzare intrecciando foglie e fiori è qualcosa di meraviglioso e non rende l’idea di quanto il loro stile di vita sia lontano dal nostro, ma di gran lunga più in armonia con la natura;

A Tonga per esempio l’attività economica di base è sicuramente la produzione agricola, grazie al clima stabile, al suolo fertile e all’assenza di altre risorse economiche comparabili.

L’agricoltura di sussistenza è principalmente concentrata sui tuberi (igname, taro, manioca e patate dolci), che vengono coltivati tra pandani, casuarine, gelsi, campi di canna da zucchero, palme da cocco, alberi del pane e banani.
Ma tutta questa varietà di colture non è solamente legata alla produzione alimentare.
La corteccia interna del gelso, per esempio, viene usata per produrre i tapa; le radici di kava vengono invece ridotte in polvere e mescolate con acqua per produrre la tipica bevanda cerimoniale sociale tongana (e più in generale della Polinesia Occidentale); le foglie di pandano vengono usate per intrecciare stuoie e cestini; radici, cortecce, foglie, fiori e frutti sono usati come decorazioni per i costumi di danza o per produrre profumi come la kahoa, il famoso olio di cocco con cui si cospargono braccia e spalle le donne tongane.

Tonga è tradizionalmente una società senza mercato dove è ancora fortemente presente una cultura del dono. Sebbene l’economia utilitaristica sia oggi ben accetta a Tonga, così come la democrazia e il cristianesimo, l’attitudine nei confronti della produzione non è cambiata: si continua a produrre principalmente per il proprio fabbisogno familiare quotidiano e questo va ovviamente a scapito di un maggiore sviluppo del settore.

Il vivere un così stretto rapporto con la natura ha portato queste popolazioni a mantenere sempre quel legame simbiotico essenziale e base per la nostra felicità! Non servono dunque costosi artefatti o materiali pregiati per vivere bene, e queste genti, come anche molte popolazioni indigene, ce lo insegnano!
Guarda il video della Hula, la danza tradizionale:
Un sostanzioso corpus di ricerche scientifiche del Norwegian Institute for Nature Research e della National University of Ireland hanno dimostrato chiaramente come abitare a stretto contatto con la natura abbia un forte valore terapeutico dovuto al legame profondo dell’essere umano con quello che Jiahua Wu chiama “landscape aesthetics”, che altro non è che il ricordo archetipico del paesaggio naturale incorrotto e che a quanto pare ci tramandiamo geneticamente, fungendo da parametro inconscio e metro di giudizio istintivo per la nostra valutazione dei luoghi.

Tra i risultati conseguiti da questi studi scientifici, vi è ad esempio il fatto che soggetti di etnia, cultura e status sociale completamente differenti trovino di gran lunga preferibile l’idea di poter vivere in un pur misero, mediocre e poco suggestivo territorio rurale piuttosto che in una qualsiasi alternativa di ambiente antropico deprivato di qualsiasi ombra di natura.
Un altro significativo studio relativo al valore terapeutico dell’abitare in armonia con la natura ha dimostrato l’effetto stress–riduttivo del semplice contatto visivo con elementi della natura, siano essi vegetali, minerali o animali e addirittura potenziare il nostro livello cognitivo.

La semplice vista di un parco, il solo suono dell’acqua in movimento, un banale profumo di fiori o piante aromatiche ha il potere di produrre effetti quali la regolarizzazione del battito cardiaco, la riduzione della pressione sanguigna e l’abbassamento dei livelli di adrenalina accompagnato dal rilascio di endorfine. Armonia e benessere dunque dipendono in misura sostanziale da questo fattore, da questo legame ancestrale, senza il quale l’essere umano risulta privo di un fondamentale pilastro del quale paradossalmente è parte integrante.
Potrà sembrarvi incredibile, ma è stato osservato come il tasso di criminalità si riduca all’aumentare della presenza di vegetazione. Dunque, a livello pratico e progettuale, è bene sapere che una strada alberata non solo è più bella e ricca di ossigeno, ma è anche meno pericolosa di una invece priva di verde, del tutto lontana da quel concetto primordiale di “landscape aesthetics” che ci ricorda da dove veniamo e forse anche chi siamo.

Ma come vestire di natura l’uomo urbanizzato?
Tutto questo e molto altro nella seconda e terza parte di questo lungo articolo e ancora, un angolo craft-fai da te, per scoprire come decorare con la natura.
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